martedì 16 agosto 2022

The Go Show





Anthony Gobert wanted a dancing girl in the pit!


Shenton incontrò il suo nuovo pilota dopo l'ultima gara del 1996 a Eastern Creek. “Stavamo facendo i bagagli nel nostro garage e un monello trasandato con alcuni compagni al seguito era appeso dietro al garage. Poi uno di loro mi dice: 'Buongiorno Stuart, sono il tuo nuovo pilota, spero che tu sia fottutamente pronto per me!' E quello era Anthony Gobert.

“Gobert era uno di quei ragazzi che ogni tanto ti capita: non cambiare nulla sulla moto, la guiderò e basta. A quel punto avevamo i dati, e potevi vedere che era così duro con i freni che la sospensione andava a fondo corsa e lui stava semplicemente aggrappato. Quindi gli abbiamo detto che potevamo inserire molle più dure o più olio nella forcella. 'Nah amico, non cambiare niente'.


 


“Con Gobert abbiamo visto le temperature dei freni più incredibili. Se fosse stato in grado di applicarsi e presentarsi ogni fine settimana, in forma e in salute, con il giusto tipo di concentrazione, sarebbe diventato assolutamente qualcuno.

“Al nostro primo test con lui a Eastern Creek stavamo facendo il suo primo debriefing, con tutti gli ingegneri giapponesi seduti lì, con le penne in bilico, in attesa di prendere appunti e avere la prima impressione della moto. E lui dice: "Beh, ho bisogno di due cose: ho bisogno di una gabbia nel retro del garage con dentro una ragazza che balla e dobbiamo mettere delle birre nel frigo". Poi si alza ed esce. C'erano sei ingegneri giapponesi seduti attorno al tavolo e non sapevano cosa fare, cosa dire o cosa era appena successo. Con il suo talento avrebbe dovuto essere campione del mondo, ma non sarebbe mai successo".


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Riporto un pezzo di questa bella intervista a Stuart Shenton, Capo Tecnico di lungo corso che seguì le moto di campioni del calibro di Freddie Spencer e Kevin Schwantz.

Nel 1997 si trovò nel garage una bella gatta da pelare: Anthony Gobert. Un ragazzo australiano dal talento smisurato ma che purtroppo era vittima dei suoi demoni: droghe, festini alcolici, donne di piacere. Era una specie di Jim Morrison della moto che però aveva delle capacità di pilotaggio fuori dal comune.

Nel Mondiale SBK con  una Kawasaki che non andava neanche a spingerla si permise il lusso di umiliare gente come Kocinski, Fogarty, Slight, personaggi che non erano certo dei quaquaraquà ma piloti coriacei e di grande esperienza in sella a moto ufficiali.

Ma il talento non poteva bastare per puntare al bottino grosso, a diventare un Campione del mondo, affermarsi come pilota professionista. Nel 1997 arrivò in 500 nel Team Suzuki Ufficiale, una grossa opportunità che però non riuscì a cogliere. I giapponesi, imbarazzati dai suoi eccessi, cercarono un pretesto per licenziarlo e il modo più semplice fu sottoporlo al test anti doping (e non si era mai vista una squadra che sottopone il proprio pilota a un test!). 

Non riuscì mai a uscire dal vizio della droga, ma nonostante ciò riuscì a correre fino al 2007, tra squalifiche e rientri, poi si seppe di lui soltanto dalle pagine della cronaca australiana: viene arrestato per furtarelli, truffe agli anziani. Nel 2019 viene pestato a sangue e finisce in ospedale in fin di vita. Una brutta storia di un talento e di una vita intera buttate al vento.



1 commento:

Sara ha detto...

Una vita sprecata! Poteva essere un grande campione!